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Disturbi d'ansia

L’ansia è un insieme di risposte che il nostro organismo mette in atto in determinate situazioni, è una reazione naturale e comune a molti esseri viventi, umani ma anche animali. L’ansia, infatti, ha una funzione adattiva ed è essenziale alla sopravvivenza della specie, in quanto è la risposta più utile e corretta di fronte ad una minaccia/pericolo.

In alcuni casi però l’ansia  può essere disadattiva e diventare patologica.

I principali disturbo d’ansia sono:

Cos’è l’ipocondria?

L’ ipocondria è caratterizzata dalla preoccupazione eccessiva e infondata riguardo alla propria salute, che persiste nonostante le rassicurazioni mediche. La persona che soffre di questo disturbo ha la convinzione che qualsiasi sintomo, o presunto tale, possa rivelare una qualche grave malattia.

Pensieri ricorrenti con questo disturbo sono: “sicuramente avrò una malattia mortale…”;
“anche oggi ho questo sintomo, sicuramente stavolta è una cosa grave…”; “non mi fido di quel medico, sicuramente ha sbagliato diagnosi…”.

Le persone affette da questo disturbo spesso raccontano la propria storia medica con dovizia di dettagli ed eccessiva angoscia, si sottopongono spesso a visite mediche con il conseguente deterioramento della relazione medico-paziente. Spesso non si fidano dei medici hanno una storia di lamentele multiple senza una chiara base fisica e riconoscono con difficoltà di soffrire di un disturbo psicologico. Questo atteggiamento compromette i contatti familiari sociali e lavorativi perché la persona non si sente capita, si aspetta una considerazione e un trattamento di riguardo.

Come si cura l’ipocondria?

La ricerca scientifica riconosce alla terapia cognitivo-comportamentale lo status di trattamento elettivo con comprovata efficacia per la cura dell’ipocondria.

L’obiettivo è l’apprendimenti di modalità di pensiero e di comportamenti funzionali, rompendo i circoli viziosi che portano al mantenimento dell’ipocondria, riuscendo a fare a meno delle cntinue rassicurazioni di medici e parenti. Fondamentale, da parte del paziente, è la consapevolezza che le sue preoccupazioni sono eccessive e infondate, elaborando pensieri alterantivi a quello della propria vulnerabilità.

Cosa sono le fobie?

La fobia è una reazione estrema ed eccessiva di paura di fronte a stimoli che rappresentano una grave minaccia per chi li percepisce. Le persone che soffrono di fobie EVITANO la situazione/stimolo temuto, anche se consapevoli dell’irrazionalità di questa loro timore. In qualche modo convincono la propria mente che è giusto non esporsi a ciò di cui si ha paura. Così facendo creano un circolo vizioso che porta a cronicizzare il disturbo.

Le fobie sono molto invalidanti ma generalmente la qualità di vita del paziente è in correlazione alla sua possibilità di “evitamento” della situazione/stimolo fobico.

In linea generale si può avere una fobia per qualsiasi situazione/stimolo ma la pratica clinica ha mostrato che quelle più comuni sono:

  • la guida in particolari condizioni come gallerie, autostrade, ponti
  • l’ascensore
  • il vomito
  • l’altezza
  • gli spazi chiusi;
  • il sangue, le ferite e gli aghi.
Come si curano le fobie?

Il trattamento cognitivo-comportamentale delle fobie è costruito sulle necessità specifiche di ogni singolo paziente perchè ogni caso è un caso a sé.

L’esperienza clinica dimostra l’efficacia concreta di sedute settimanali di un’ora per la durata di 3-4 mesi, che prevedono:

  • fase di valutazione (2 sedute)
  • confronto per la definizione degli obiettivi e condivisione dei modelli teorici che stanno alla base del disturbo
  • terapia comportamentale con insegnamento di tecniche e metodi per gestire concretamente la sintomatologia (ansia, reazioni psicofisiologiche etc..) e le situazioni quotidiane
  • schede di monitoraggio ed esercizi a casa
  • costruzione di una gerarchia della paura (dalla situazione meno temuta alla più temuta); si cercherà di arrivare all’esposizione graduale degli stimoli evitati fino a quel momento
  • terapia cognitiva con individuazione e modificazione dei pensieri disfunzionali che stanno alla base del disturbo
  • fase di mantenimento
Cos’è l’ansia sociale o timidezza patologica?

La caratteristica principale dell’ansia o fobia sociale è la paura che scaturisce dalla relazione con gli altri e che ha come base la paura di essere giudicati in modo negativo, di essere criticati e/o di fare brutta figura.

Le situazioni più temute sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone, come ad esempio:

  • parlare in pubblico
  • firmare o scrivere in pubblico
  • telefonare
  • mangiare in pubblico
  • entrare in una stanza dove ci sono altre persone

Le persone con timidezza patologica temono soprattutto di:

  • arrossire
  • tremare o balbettare o sudare
  • rimanere in silenzio senza riuscire a parlare con gli altri

La fobia sociale, se non trattata, tende a cronicizzarsi fino a diventare un disturbo depressivo. Solitamente esordisce in età adolescenziale o nella prima età adulta e se ne distinguono due tipi.
Nelle forme più gravi e pervasive si può diagnosticare un Disturbo Evitante di Personalità.

Come si cura l’ansia sociale?

I pensieri automatici e le credenze disfunzionali derivano da schemi cognitivi rigidi e poco adattivi, come ad esempio la convinzione che mostrare ansia sia un segno di debolezza oppure di essere sempre attentamente osservati da parte degli altri. Tali convincimenti si radicano ed entrano in funzione quando una persona deve affrontare una situazione sociale, cioè deve esporsi ad un possibile giudizio degli altri. In questo circolo vizioso scatta l’ansia e la conseguente sensazione di perdere il controllo.

Compito dello psicoterapeuta è quello di modificare questi pensieri disfunzionali e di creare nuove abilità per gestire al meglio le situazioni sociali. Tali abilità prevedono, solitamente, sia tecniche di rilassamento per la gestione dell’ansia, sia tecniche per la gestione dell’interazione verbale e dell’attenzione selettiva.

Cosa sono l’agorafobia e gli attacchi di panico?

Un attacco di panico è un breve ma intenso momento di paura o disagio in assenza di vero pericolo, accompagnato da almeno 4 dei seguenti sintomi somatici o cognitivi:

  • sudorazione generale o mani sudate
  • bocca secca
  • tachicardia (palpitazioni)
  • mancanza d’aria
  • tremori
  • nausea e/o disturbi addominali
  • sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, vertigini o sensazione di testa leggera
  • paura di morire e/o di impazzire
  • sensazione di formicolio alle mani, ai piedi e al viso
  • senso di irrealtà o di estraneità da sé stessi

L’attacco di panico ha un inizio improvviso, raggiunge in pochi minuti l’intensità massima ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo di minaccia e catastrofe imminente e da urgenza di allontanarsi.

Un ulteriore specificazione di questo disturbo è la presenza o meno di agorafobia, cioè dell’ansia che deriva dal trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi o nei quali può risultare difficile ottenere aiuto nel caso di malore.

La percezione comune a tutte le persone che esperiscono questo tipo di ansia è quella di non avere vie di fuga nel caso in cui ci si sentisse male. L’idea di non avere vie di fuga non è necessariamente legata ad una situazione fisica ma può essere immaginata o relazionale. Ad esempio: “Se esco con gli amici non posso andare via, altrimenti cosa penseranno di me…” Evitare queste situazioni è per il paziente una conseguenza ovvia e necessaria: “Siccome ho gli attacchi di panico non posso…”. L’evitamento diventa, quindi, l’unica soluzione possibile, innescando un ‘circolo vizioso’ dove il soggetto a lungo andare tende ad isolarsi sempre di più fino a non uscire di casa.

Come si curano gli attacchi di panico e l’agorafobia?

Il trattamento terapeutico non ha come obiettivo primario quello di eliminare l’ansia ma quello di fare in modo che il soggetto non ne abbia più paura. Ogni caso è a sé ma l’esperienza clinica ci suggerisce l’efficacia di sedute settimanali di un’ora per una durata di 3-4 mesi.

La TCC efficace comprenderà fasi analoghe a quelle descritte sopra per altre tipologie di disturbi d’ansia.

I farmaci sono previsti in casi particolarmente gravi ma solo come terapia di supporto e a breve termine. Infatti i farmaci ansiolitici, come le benzodiazepine (es. lormetazepam, diazepam, alprazolam etc.), non rappresentano la terapia ideale, perché sebbene riducano la sintomatologia ansiosa, non risolvono il problema e una volta sospesi il problema si ripresenta. Sono poco efficaci nel ridurre le paure e di conseguenza fungono da palliativo e non da cura.